PENSIERI IN QUARANTENA

di Carmen Stillitano

All’improvviso il tempo si allungava,
si contorceva, si dilatava
e costruendo lontananze
con irruenza ci sterminava.
Margini di infinito tracciavamo
sul nostro caduco andare
pensando increduli all’incertezza del domani.
E poi non più parole per includere,
deludere, eludere, ricomporre o dividere
sillaba su sillaba, colore su colore,
intrecciando i fili/parole
di una tela/dizionario di precarietà e timore.
E nell’ora della falsa quiete
fummo virgole di abitudini mancate,
intimi pensieri, rinunce, attese non realizzate.
Fummo gli occhi in cui ci specchiammo
convinti che da quegli sguardi
non ne saremmo mai usciti e poi,
dagli stessi, siamo stati abbandonati e feriti.
Siamo ora le braccia che ci lasciarono andare,
le mani che si aprirono allentando la stretta…
spingendoci altrove.
Siamo destini incrociati, deviati, distinti ed estinti,
realtà vere o falsate, parole distorte, reati,
sogni illuminanti e illuminati,
spenti significanti per nascosti significati.
Ora immobili e ansanti, compressi in reclusioni vitali,
chiusi in apnee cerchiamo flebili respiri
sogniamo la montagna se siamo al mare
e dell’aquilone il filo tra le mani.
Capisci?
Mi chiedi ancora come io stia…
Coltivo la speranza, disegno l’arcobaleno,
ma aspetto alla stazione la nave
e sulla banchina l’arrivo di un treno…
Ho un dolore acuto e vero
che sordo preme sul cuore
e il suo battito si perde
nell’urlo di questo giorno
che silenziosamente muore
sull’orizzonte offuscato…
parallelo come un binario usurato
che corre verso un destino
che sembra già tracciato.
Nuovi percorsi neuronali, ombre amorfe,
iati mal pronunciati, finzioni, limitazioni,
sciocche arroganze e noi di tutto predoni
o note a piè di pagina
di un libro/universo del quale crediamo di essere i padroni
ma siamo semplici comparse, protagonisti o maldestri lettori.
Prologo ed epilogo agognato
di un tempo tragico e assurdo dal quale
cosa abbiamo imparato?