di Antonietta Malito
I comuni del Savuto, incastonati tra le dolci colline e le valli che scendono verso il Tirreno, sono autentici scrigni di bellezza. Non solo per il contesto paesaggistico che li circonda, ma per quel patrimonio architettonico e artistico che ancora oggi resiste al tempo e racconta, in silenzio, la storia di un territorio antico e operoso.
Passeggiando nei centri storici di questi borghi (da Rogliano ad Altilia, da Carpanzano a Malito, da Belsito a Scigliano), lo sguardo viene naturalmente attratto da dettagli che incantano, quali i portali in tufo scolpito dei palazzi nobiliari, autentiche opere d’arte che un tempo segnavano il prestigio e la potenza delle famiglie locali. Ogni portale è diverso, eppure tutti sono accomunati da una raffinatezza d’esecuzione che parla di maestranze esperte, di mani abili e occhi capaci di leggere nella pietra la forma prima ancora di scolpirla.
Sopra quegli archi eleganti, campeggiano maestosi gli stemmi araldici in rilievo, che raccontano la genealogia dei casati, con le loro insegne, simboli e virtù. Sono piccoli racconti di potere e identità, lasciati lì, a vegliare su case che ancora oggi resistono come testimonianza di una grande tradizione.
Tra i più raffinati artefici di queste opere ci furono senza dubbio gli scalpellini di Altilia e Rogliano, maestri della pietra che, con pochi strumenti e una perizia sorprendente, riuscivano a trasformare il tufo e la pietra calcarea in cornici scolpite, lesene, mascheroni e motivi floreali. Anche il legno era materia d’arte, come testimoniano i numerosi portoni monumentali, i soffitti a cassettoni, le travi intagliate. Ovunque, è visibile un’attenzione minuziosa al dettaglio e una cura che oggi ci appare quasi commovente.
Purtroppo, molto di questo sapere si è perso. Le botteghe si sono svuotate, le mani esperte si sono fermate, e quella che un tempo era una scuola d’arte spontanea e popolare è oggi un ricordo. Ma i segni lasciati dai nostri avi sono ancora lì, e parlano forte. Ci raccontano chi eravamo, cosa sapevamo fare, quanto amore c’era nel creare bellezza, anche dove non era obbligatoria.
Ecco perché valorizzare questi dettagli, farli conoscere, proteggerli, restaurarli, raccontarli, dovrebbe essere una priorità per le amministrazioni locali. Oggi che il turismo cerca autenticità, lentezza, scoperta, il Savuto ha tutte le carte in regola per diventare una destinazione d’eccellenza. Serve solo uno sguardo nuovo, capace di leggere nei fregi di una porta o nella torsione di un’antica colonna una risorsa, un’attrazione, una possibilità.
Visitare questi borghi non si esaurisce a una passeggiata tra vicoli e silenzi, ma può diventare un vero e proprio viaggio alla riscoperta di un’arte perduta.