Risale al 18 Agosto del 1800, un atto riguardante la costruzione di ben quattro fontane nel comune di Rogliano.

Tra coloro che si presentarono, per avviare tutte le modalità amministrative, giudiziarie e manuali, comparvero: Domenico Morelli, il sindaco di Rogliano, Lelio de Jusi, Antonio Clausi, mastro Carmine Altomare e mastro Francesco Arabia, i deputati del Parlamento, e per finire Rosario Altomare, del fu Nicola, per la costruzione delle stesse.

Chi volle e decise che le fontane dovessero essere costruite fu l’allora defunto Antonio d’Epiro che in un testamento rogato dal notaio Bruno Morelli, nel 21 settembre del 1791<!--[if !supportFootnotes]-->[1]<!--[endif]-->, istituì erede universale il nipote Felice d’Epiro «…e tra l’altro lo gravò di un legato di ducati Mille cinquecento a beneficio dell’università di detta Città di Rogliano acciò se ne fussero custodite quattro fontane dentro l’abbitato di Rogliano suddetta, cioè una col Quartiere denominato Capo la Rota, o sia l’Olivitello, un’altra nella pubblica piazza, altra innanzi l’insigne Collegiale Chiesa Matrice di S. Pietro, o pure in quei contorni, che meglio poteva(?) cadere, e finalmente l’altra nel Quartiere nomato li Patinelli, animandosi de fontane coll’acqua del Podere detto le Manche…», inoltre don Antonio lasciò che gli esecutori testamentari fossero il “…Capitolo e Camerlengo, unitamente colli Regimentari delle …Cedole di Rota, e Spani di questa Città…» per fare in modo che le sue volontà fossero eseguite e per obbligare il nipote all’esecuzione materiale di tale desiderio.

Purtroppo nell’agosto del 1797 lo stesso Felice morì prematuramente, la gravosa incombenza passò quindi ai nipoti, Antonio e Muzio d’Epiro, fratelli ed entrambi eredi per via diretta di Felice.

Già allora il Camerlengo della Chiesa Matrice di Rogliano, aveva lamentato che le disposizioni e i desideri del defunto don Antonio d’Epiro non erano state eseguite, infatti, diversi anni erano trascorsi e dei lavori ancora nulla era stato attuato. Deceduto il nipote Felice fu decisione unanime che la volontà del primo testatore fosse portata a compimento, così venne consultata una persona esperta che potesse compiere un’attenta perizia e che stimasse l’intera somma necessaria alla costruzione delle quattro fontane. «…In fatti Elessero la Persona del Magnifico Domenico Fezza, Capo Maestro Muratore, e Perito di fontane di questa città di Rogliano, lo stesso essendosi prima conferito sulla faccia del luogo del sopradetto podere delle Manche, dove ritrovandosi tutte l’acqua sorgive, che animar dovevano dette fontane, ed essendo le stesse diligentemente osservato secondo il suo mestiere, ha ritrovato esistenti Undici teste di acque sorgive per l’estenzione che camminar dovea l’Acquedotto maestro, cominciando da Pantano di Cervo, fino al suddetto Rione delli Patinelli…» per dimostrare che il lavoro di canalizzazione dell’acqua in un acquedotto poteva essere compiuto, Fezza fece un disegno e calcolò tutta la somma di denaro che occorreva, compreso lo scavo e la costruzione dell’acquedotto, il che significava considerare materiali e giornate lavorative: «…distillatori, calce, pietre, giornate di Maestri, tubi di Creta, terra d’iste per incollare li stessi, ed ogni altro bisognevole per la costruzione di dette fontane, giudicò ascendere l’intera spesa suddetta, nella somma di ducati tremila, cento cinquantadue, e grana cinquanta (3152, 50)». La somma lasciata da don Antonio d’Epiro risultò insufficiente, così si decise che con vendita all’incanto di tale edificazione ci sarebbe stata la possibilità concreta di vedere erigere le sospirate fontane.

I bandi furono emanati ed affissi nella Piazza di Rogliano, com’ era uso.

Gli incanti vennero esposti dal giorno 9 febbraio del 1800 (primo incanto) al giorno 2 marzo del 1800 (secondo incanto), e il primo mastro che si presentò al primo incanto fu Francesco Antonio Crispino; questi avrebbe compiuto l’intera opera per la somma di ducati 3100 con la condizione che l’acqua doveva essere già stata incanalata come nella pianta disegnata da Fezza.

Con il secondo incanto le cose non cambiano: l’unico a presentare l’offerta fu sempre mastro Crispino. Questi, intanto, sicurissimo di doversi preparare alle prossime fatiche, già avanzava pretese e critiche per quanto riguardava la capacità del tubo di creta dell’acquedotto. Secondo Crispini l’ingegnere Fezza aveva fatto male i calcoli, quindi invia una istanza alla Corte di Rogliano, criticando le disposizioni sui tubi che secondo Fezza dovevano essere di mezzo palmo di diametro, egli invece consiglia «…un palmo e mezzo e due pollici di diametro…», esattamente precisa «…tubo capacissimo a formare dodici Fontane abontantissime da un pollice e più d’uno, mentre ogni criterio non puot’essere affatto ne cognizione delli Supplicanti, giacché ignoranti dell’Arte…vale a dire che non ne capiscono in conto veruno le dimenzione, un poco di acqua a campo aperto, che scorre sembra un fiume, ma Se si restringe in un tubo si rende invisibile….».

Il 9 marzo, al terzo incanto, mastro Rosario Altomare fece istanza per presentare una nuova offerta per la somma di ducati 3090, meno di quella presenta da Crispini «…ed in effetti essendosi proceduto al terzo incanto, ed accesa la candela sull’offerta del suddetto di Altomare, niuno volse minorare la di lui Offerta…». Crispini è colpito, non si aspettava un concorrente, decide quindi di presentare «…altra legale istanza …colla quale domandò di vole dilucidato il dubbio allo stesso insorto, se la terza fontana, cader dovea innanzi la suddetta Chiesa Madrice di S. Pietro, in Quella Pubblica Strada, o pura al di sotto detta Chiesa, nel luogo volgarmente detto Via Sottana…», insomma, Crispini, tenta di instillare dubbi e di fare insinuazioni sulle capacità dell’altro mastro ma Rosario Altomare risponde quello stesso giorno alle «ore 21» con una decisa replica «…si bene si fusse spiegato chiaro nella sua offerta la quale non ha bisogno di spiegare a nuova indagine pur non di meno per rimuovere dalla idea del Crispini, qualunque sia la pensata, mastro Rosario Altomare li fa sapere, che la terza fontana si farà nella publica strada di questa città, o innanzi la chiesa Matrice, o sotto al cimitero della medesima Chiesa, dove porterà l’olivello della Correnza dell’acqua, quale sempre però si sente nella parte della Chiesa che sporge verso la città, vale a dire nella parte orientale, e non già della via sottana, questa è stata sempre la sua idea, la quale quantunque l’abbi chiaramente spiegata, e senza equivoci, pure spiegarsi a lettere Cubitali…».

Ma Crispini non è pago e non si ferma qui: valutando i termini della legge per le gare d’appalto cerca in tutti modi di convincere i rappresentanti del Parlamento Cittadino ad affidargli l’incarico, quindi presenta una nuova istanza (8 giugno 1800) di fronte ai Deputati. La sua intenzione è quella di svolgere i lavori assieme al collega mastro Michele Vincieri, e giocando al ribasso i due associati dichiarano che per la somma di ducati 2580 riusciranno a fare l’intera opera, così facendo credevano che in due e con una offerta più bassa la vittoria sarebbe stata loro, ma a questi colpi bassi e soprattutto per difendere la sua professionalità, mastro Rosario Altomare risponde con un’offerta ancora più bassa e dichiara che con ducati 2570 costruirà le quattro fontane «…cominciando detta opra per tutto il mese di Settembre corrente anno 1800, e finirla per tutto Maggio del venturo anno Mille ottocento uno.». A questa ultima offerta l’intero Parlamento dell’Università non può che accettare, in fondo all’amministrazione interessava ottenere una offerta vantaggiosa per le casse cittadine e quindi una situazione che conveniva a tutti i deputati e, d’altra parte, secondo l’uso dell’incanto, nessuno si era fatto avanti dopo l’offerta di mastro Altomare e a “estinzione” della candela, quindi i rilanci erano terminati, e Rosario Altomare venne dichiarato vincitore dell’appalto come «…ultimo licitatore e minore offerente…».

Atto pubblico, per la tutela dei contraenti, venne prontamente stipulato e mastro Rosario Altomare si impegnò a costruire «…con ogni diligenza, cura e vigilanza le sopradette Quattro Fontane…Da principiarne la costruzione delle stesse per tutto il prossimo entrante mese di Settembre Corrente Anno Milleottocento e terminarle interamente per tutto il mese di Maggio dell’Anno Milleottocentodue…».

Questo lavoro diede sicuramente notorietà alla professione di Rosario Altomare, ma anche diversi problemi, allora come oggi il denaro che l’amministrazione gli doveva arrivò in forte ritardo, e lo stesso, il 19 luglio del 1801, fu costretto a protestare presso il sindaco Morelli, Antonio Clausi, Lelio de Jiusi, Mastro Carmine Altomare e Mastro Francesco Arabia, deputati per la costruzione delle fontane, perché si fossero mobilitati a saldare subito l’intera somma per pagare i materiali e i lavoranti.



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