Interpretazione allegorica a cura di F.VETERE

Uguaglianza e Giustizia, quali principi etici amalgamati come simboli di equilibrio umano proiettati verso il bene, si conformano nel periodo astronomico segnato dalle fasi equinoziali, in cui "aequa lux in aequa nocte " connota la stagione della Rinascita primaverile e del crepuscolo invernale. 

 

di Gianfranco Bonofiglio

Ogni anno il 21 marzo, primo giorno di primavera, l'Associazione Libera celebra la “Giornata della memoria e dell'impegno” in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. E nell'occasione di questa giornata è giusto ricordare la storia dei tanti giornalisti che per amore della verità vennero uccisi dalle mafie.
La storia di coloro i quali, credendo fermamente nel ruolo del giornalismo nella lotta alla criminalità, nella lotta alle mafie, hanno immolato la propria vita. Nove i giornalisti caduti sotto il piombo della mafia. Nove storie diverse ma accomunate da un comune tragico destino e dalla comune esigenza di verità.
Dal primo omicidio che risale al lontano 5 maggio 1960 di Cosimo Cristina, collaboratore con "L'Ora" di Palermo all'omicidio di Beppe Alfano, corrispondente del quotidiano di Catania"La Sicilia" avvenuto l'8 maggio 1993.
Il cadavere di Cosimo Cristina venne trovato in una galleria ferroviaria ed archiviato quale"suicidio". Solo dopo alcuni anni il vicequestore Angelo Mangano, divenuto in seguito famoso per l'arresto di Luciano Liggio, volle indagare richiedendo l'esumazione del cadavere per supportare la tesi che non fosse suicidio ma omicidio: Un mistero fra i tanti misteri non risolti della Madonne di Sicilia. Pochi giorni prima di morire Cristina pubblicò un articolo su un periodico autoprodotto"Prospettive Siciliane" nel quale ricostruì un delitto di mafia avvenuto a Termini Imerese.
Il 16 settembre 1970 viene prelevato sotto casa a Palermo Mauro De Mauro. Da allora scomparve nel nulla. Cronista di razza, per conto del quotidiano del pomeriggio, "L'Ora" di Palermo, venne eliminato molto probabilmente perché aveva scoperto la verità sulla morte di Enrico Mattei, il presidente dell'Eni schiantatosi nel 1962 con il suo aereo nelle campagne di Bescapè, con una dinamica dai mille misteri. Aveva appena pubblicato una interessante inchiesta sui rapporti fra mafia e gruppi eversivi. Alcuni pentiti di 'ndrangheta affermarono che il corpo del giornalista era stato seppellito sull'Aspromonte, ma non è stato possibile a tanti anni di distanza, verificarne l'attendibilità.
Giovanni Spampinato, giornalista de "L'Ora" e "L'Unità" ad appena ventidue anni è stato ucciso il 27 ottobre 1972 mentre era impegnato a far conoscere con le sue brillanti inchieste l'intreccio di affari, trame neofasciste e malavita nella città di Ragusa. Per il suo omicidio venne condannato Roberto Cambria , figlio di un alto magistrato, allora Presidente del Tribunale di Ragusa.
Il 9 maggio 1978, nello stesso giorno in cui venne ritrovato il cadavere di Aldo Moro, venne rinvenuto il corpo, dilaniato da un'esplosione, di Peppino Impastato, che, pur non essendo iscritto all'albo dei giornalisti, iscrizione che gli venne tributata alla sua memoria, venne ucciso dalla mafia anche per la sua attività di denuncia condotta con "Radio Out".
Mario Francese, cronista giudiziario de "Il Giornale di Sicilia", venne freddato la sera del 26 gennaio 1979. Fu il primo giornalista a denunciare la pericolosità dei corleonesi di Totò Riina. Dopo ben 22 anni, nel 2001, sono stati condannati i componenti della cupola che decisero l'eliminazione dello scomodo giornalista. Riina, Madonna, Cagarella, Calò, Geraci, Farinella e Greco, l'intero vertice di Cosa Nostra.
Giuseppe Fava, giornalista, venne assassinato il 5 gennaio 1984 nei pressi del Teatro Bellini di Catania. Aveva fondato "I Siciliani", un giornale aggressivo che attaccò frontalmente i grandi gestori degli appalti di Catania, in odor di mafia.
Il 25 settembre 1985 viene eliminato dai sicari della Camorra, Giancarlo Siani a soli ventisei anni. Corrispondente de "Il Mattino" di Napoli aveva denunciato alcuni traffici di Torre Annunziata. Per la sua morte sono stati condannati quali mandanti i boss Valentino Gionta e Angelo Nuvoletta.
Il 26 settembre 1988 nelle campagne di Lenz, frazione di Valderice in provincia di Trapani, viene freddato Mauro Rostagno. Molte le ipotesi che hanno accompagnato i vari filoni di indagine anche per la complessa personalità di Rostagno, ma, alla fine si è indagato sulla responsabilità di personaggi di mafia come Vincenzo Virga e Mariano Agate, infastiditi per le denunce che Mauro Rostagno diffondeva con la conduzione di una trasmissione televisiva in onda su un'emittente privata trapanese.
L'8 gennaio 1993 cadeva sull'altare della lotta contro i poteri mafiosi Beppe Alfano, corrispondente del quotidiano" La Sicilia" da Barcellona Porto di Gozzo, un popoloso comune del parco dei Nebrodi in provincia di Messina. Ebbe il coraggio di pubblicare i lati oscuri dei grandi appalti pubblici dell'asse Messina-Palermo. Nove vite spezzate nel nome della verità. Nove storie da non dimenticare. Contro chi vuole un giornalismo imbavagliato ed ossequioso al potere. Nove icone per un mondo migliore. Un mondo possibile. Contro l'oblio e l'indifferenza. 

 

 

di Gianfranco Bonofiglio

La Calabria versava da tempo in una situazione economica difficile e frastagliata ma è indubbio che la crisi dovuta alla Pandemia abbia inciso ancor più nelle economie già endemicamente fragili. Ed è esattamente il caso della terra di Calabria. Una Regione con 1.890.000 residenti (al 31.12.2019) ma con non più di 1.750.000 residenti "reali", considerando coloro i quali per studio lavoro vivono altrove conservando la residenza in Calabria e che conteggia ben 707.000 erogazioni da pensione, il 40% dell'intera popolazione. Già solo questo dato rende bene l'idea della fragilità economica di un territorio che non ha mai avuto un tessuto produttivo ed economico degno di questo nome.
E al pesante dato delle pensioni si aggiunge un ulteriore dato da non sottovalutare che è quello relativo al Reddito di Cittadinanza, che nato per accompagnare al lavoro, si è trasformato, nei fatti, in un vero e proprio strumento di sola assistenza. "In Calabria al 31 dicembre 2020 - si legge nell'ultima elaborazione del Dipartimento Lavoro della Regione Calabria - i nuclei familiari percettori in totale sono 80.886, di cui 74.035 (91,5%) per il reddito di cittadinanza, e 6.581 (8,5%) per la pensione di cittadinanza, i beneficiari totali sono 187.622 persone, di cui 179.593 per il reddito di cittadinanza e 8.029 per la pensione di cittadinanza". Aggiungendo i circa 105.000 impiegati pubblici si chiude il cerchio. Mentre nel mondo dell'occupazione calabrese si registrano oltre 21.000 posti di lavoro persi nel 2020.
Ed in tale contesto continua inesorabile la partenza di tanti calabresi verso altre regioni per poter andare a lavorare. Ben 15.988 coloro i quali nel 2020 hanno lasciato la Calabria per altri lidi e fra questi ben 4.636 provvisti di titolo universitario, il 29% del totale. Un continuo impoverimento di una terra che costringe le migliori risorse ad andar via. Con il duplice risultato negativo di far decrescere la popolazione, far aumentare la percentuale degli anziani e far decrescere la natalità, oramai giunta ai minimi storici. Di questo passo fra qualche decennio in Calabria rimarranno solo pensionati.
Una situazione economico - sociale gravissima che continua a non destare alcuna attenzione sul piano nazionale e che non registra alcun interesse anche da parte della classe politica locale impegnata nel mantenimento del proprio potere, autoreferenziale e lontanissima dai problemi reali di chi vive giorno dopo giorno con sempre maggiori difficoltà. 

 

 

Saggio in prosa narrativa a cura di F. VETERE

Francesco è consapevole di avere infusa la beatitudine celeste sin dall'adolescenza, attraverso l'ausilio di severo eremitaggio e profonda meditazione sulla sorte del genere umano o concentrazione sulla missione che dovrà compiere e che lo porterà all'arduo compito di dirimere innaturali contrasti e temperare le travagliate coscienze dell'epoca. Sorretto da lucida razionalità, corroborata da granitica etica e da vivida visione della realtà presente, si appresta a svolgere una storica funzione , ispirata da solida Fede.
Nessuna aspirazione di acquisire onori e glorie di terrena matrice, ma spinto dal desiderio di confrontarsi con un mondo ombroso e contraddittorio onde generare un compromesso tra sacro e profano, illuminato dalla sua riconosciuta sapienza. Gli evi del tempo ancora risuonano della sua pastorale missione, irradiata da Cristo e a lui affidata per solennizzare l'esempio nato da pia benevolenza e senso di umana giustizia in un mondo di violenta oppressione verso i più deboli. Modesti cenobi, creati all' interno di austeri monasteri pulsano di comunitaria vita dove i Minimi si prodigano a tramandare e a vivere seconda regola tracciata dal loro sommo Confratello. 

La popolare tradizione non solo gli rende merito di fulgida santità per i suoi miracolosi prodigi, ma scrive una sua personale storia che lo eleva al rango di intermediario tra mistica ascesi del suo evangelico apostolato e difficile realtà sociale dell'epoca. Nuovi orizzonti si aprono nelle coscienze mercé accorate predicazioni che toccano e fanno breccia negli aridi cuori dei potenti, che in ossequioso contegno lo ascoltano come dispensatore del Verbo divino. La sua profetica parola è rivolta anche alle classi più indigenti, certamente bisognose di morale sostegno e motivato slancio per affrontare con dignità i continui affronti del ceto dominante.
La sua etica caratura e uno spirito pregno di solidale afflato sono eredità che il Santo di Paola reitera nel suo cammino di fede, avendo Egli, come esemplare modello quel Benedetto da Norcia, che nel Cenobio di Montecassino imprime attraverso paziente e sacra trascrizione indelebile traccia di un'eterna cultura di preghiera, senza disattendere a laborioso rispetto per la terra quale indispensabile mezzo di sostentamento.
Francesco non rimane però insensibile all'esempio dell'erudito letterato Cassiodoro,fondatore del centro di cultura Vivarium, ammirando in Lui la pragmatica visione politica di restaurazione delle decadute istituzioni romane d'Occidente, rivivificata da principi dottrinari del Cristianesimo.
Ammirevole agli occhi del santo Frate è il sogno politico di questi, pur destinato a perire, ma di certo non perirà l'encomiabile lavoro scrittorio, scolpito nelle pagine di immortali codici miniati.
Viene fortemente attratto dal mistico fascino dell'Abate Gioacchino, la cui cristiana spiritualità pervade il mondo medievale in una visione di sogno e di utopia, concentrata nel profetico e misterioso studio dell' Apocalisse. 

A sfatare la distorta storia popolare che Lo dipinge indigente e scontroso frate è l'obiettiva ricerca di reale verità che rivaluta la sua razionale essenza, proiettando la sua personalità in alveo internazionale, senza disconoscere la tendenza ad isolarsi in ascetica meditazione ma riconoscendo a Lui sacrale impegno di diventare pellegrino di pace, raccogliendo proseliti non per mera ostentazione di vanità, ma con sentito impegno di perseguire il tracciato della parola di Cristo.
Struggente nostalgia lo pervade nel ricordo dei luoghi d'origine, pur nella volontaria lontananza in Terre straniere, che non sente sue ma dove compie la sua mistica missione, come se la Mano divina lo spingesse a non desistere dal sacro impegno. Francesco travalica la vetusta concezione di un rigido maschilismo monastico e apre le braccia per accogliere femminili figure di neofite a cui consacrare il nero saio penitenziale. Conventi e monasteri ricevono il suo sigillo spirituale dove discepoli ed epigoni sublime fanno la di Lui santità e perpetueranno parole ed azioni con cui il Santo aveva aperto i cuori più duri, invocando nuovi orizzonti di cristiana Pace. Il saggio Eremita giammai si svestira' del dimesso e umile saio, simbolo di penitenza fino alla sua terrena dipartita come degno Discepolo di Cristo, senza brama di essere venerato ma di essere umilmente ricordato.

 

 

A Scigliano, il 19 marzo, viene celebrata la Festa di San Giuseppe, Patrono del paese.
Dopo la celebrazione della Santa Messa, la statua del Santo viene portata in processione per le strade della frazione Diano.
In concomitanza, il giorno della Festa, si svolge una fiera di piante fruttifere e di sementi da orto: sono molto vendute e riscuotono grande successo le "cipolline" di San Giuseppe, una varietà di cipolle locali molto apprezzata in tutto il territorio limitrofo. 

Quest'anno, però, le celebrazioni religiose e civili sono regolamentate a causa dell'emergenza sanitaria in atto.
Nella frazione Diano, si trova anche la più grande delle molte chiese di Scigliano. Da sempre è chiamata Chiesa di San Giuseppe, ma in origine fu consacrata all'Assunzione della Vergine. Su questa Chiesa si narra anche una leggenda legata al Santo. Si racconta che, nel 1783, il San Giuseppe apparve in sogno al prete del paese e gli disse di radunare tutto il popolo in chiesa, perché un drammatico evento avrebbe distrutto il paese. Il prete andò a suonare le campane per dare l'allarme e tutta la gente, impaurita, corse davanti alla chiesa. Poco tempo dopo, un devastante terremoto colpì la Calabria meridionale radendo al suolo città e paesi (fu la più grande catastrofe che colpì l'Italia meridionale nel XVIII secolo), ma il popolo di Scigliano si salvò perché era in strada. E da quel giorno San Giuseppe viene venerato come Patrono e Protettore di Scigliano.
San Giuseppe è il Santo protettore di tutti i papà, in quanto padre di Gesù. Rappresentante della famiglia e padre di Gesù, il Figlio di Dio, è un Santo importante.
Le notizie su San Giuseppe tramandate dagli Evangelisti sono pochissime. Marco e Luca dicono che Giuseppe era un discendente del re Davide e originario di Betlemme. Suo padre si chiamava Giacobbe e pare che fosse il terzo di 6 fratelli. Abitava nella piccola città di Nazaret e, all'età di circa 30 anni, fu convocato dai Sacerdoti del Tempio, con altri scapoli della Tribù di Davide, per prendere moglie. Lei era Maria e a 14 anni fu data in sposa a Giuseppe.
Sposo di Maria e padre putativo di Gesù, guida la Sacra Famiglia nella fuga e nel ritorno dall'Egitto. Quando l'angelo gli comanda di rifugiarsi in Egitto per sottrarsi alla minaccia di Erode, egli prende con sé il bambino e sua madre e fugge. E' la figura del vero padre, pronto a tutto. E' il genitore che custodisce e protegge la famiglia nelle difficoltà con la sua presenza e dedizione. Non si è mai tirato indietro ed è stato un padre pieno di affetto e amore.

 

 

(Da "Monachesimo illuminato" di Francesco Vetere, docente di Discipline umanistiche)

 

La scelta della narrazione in prosa della vita e delle opere del Santo calabrese è motivata da meritato encomio e dalla vasta eco di universale popolarità .
Un'intesa biografia trova percettibile e incisivo riscontro nel percorso esistenziale del Santo di Paola quale tributo di riconosciuta santità, scaturita dal suo lascito sapienziale per esaltare un messaggio pregno di umiltà, generato dalla sua parca vita ma così fortemente penetrante nel sostrato storico e culturale dell'epoca.
I suoi ideali si innestano intensamente nelle cause di una periodica crisi della società del tempo, malata e bisognevole di illuminati riferimenti che trovano nel Patrono di terra di Calabria un santo alfiere. L'anima di Francesco viene plasmata dalle sacre Parole evangeliche in simbiotica condivisione con un ascetico eremitaggio e con amorevole e generoso slancio verso l'umanità sofferente ed emaginata dalla società opulenta.
Francesco irradia l'epoca in cui vive di rinnovata linfa vitale, inserendosi nella storia epocale che lo vede protagonista e osservatore di una triste realtà senza utopistiche illusioni, per cui l'uomo comune acquista contezza di sé dopo riscoperta della Fede, predicata dal santo Frate.
Valori etici, pervasi di sentita filantropia connotano il suo spirito rivolto verso l'Amore e la Carità, a testimonianza della parola di Cristo, la sola parola che può dispensare solidarietà e pace all'Umanita' tutta. Un naturale viatico esistenziale è l'amore universale, ma che spesso non è dispensato con altruistico spirito, per come invece elargisce l'umile Frate di Paola in nome della cristiana Carità, supportata da forte impegno sociale.


L'ingiustizia, quale cancro di una società sofferente e disumana crea una deprecabile forma di disparità che allontana il senso di solidarietà e di riscatto della dignità degli oppressi senza distinzione di casta. A difensore di quest'ultimi si pone l'umile Asceta, che travalicando i rigidi schemi di una vuota erudizione e di un freddo realismo epocale, si carica di una mistica missione per contrapporsi allo sfarzo delle corti medievali e all'opulenza delle curie papali.
L' Uomo proveniente dalla povera Terra calabra si compenetra nel presente, vivendone le tristi difficoltà insieme a quell'umanità bisognosa di sana giustizia e solidale supporto morale onde costruire la sua Storia in un contesto di difficile sopravvivenza. Gioia e Speranza diventano messaggi di alta valenza cristiana, affinché il male non possa prevalere sul bene, e la morte sia un premio per una vita beata e non terribile pena per una scellerata condotta.
È proprio in questa missione che coniuga il senso mistico della preghiera con una visione universale del mondo laico, a cui non appartiene ma ad esso rivolge comunque un vivido sguardo verso nuovo approccio con una realtà proiettata a laicizzarsi come riflesso di una metamorfosi politica che investe l'Europa, martoriata da sociale fermento.
Come Machiavelli indica ai regnanti la via maestra per un buon governo, così il Pio eremita paolano indica a costoro un retto agire, pervaso di sentita bontà e generosa carità senza sentirsi reo di passiva sudditanza. Tale messaggio di vita travalica i confini nazionali, trasvolando in terra straniera ove la sua taumaturgica fama trova meritata esaltazione mercé anche un'ascetica esistenza che sarà da esempio in ogni strato sociale.
Senza coercizione alcuna ma per rispettosa obbedienza gerarchica trasmigra nella reale Francia per coniugare la parola di Dio con un instancabile operato, senza abbandonare la semplicità e l'umiltà che connotano lo spirito di povero frate,tutto proteso a lenire le altrui sofferenze.
Trascinando la sua tarda età ma fertile di etica saggezza, diviene onorato consigliere di quei regnanti di cristiana Fede pur in una difficile epoca segnata da discordie politiche che marciscono nell'immorale condotta di quel tempo, dove temperanza e solidarietà non trovano posto nelle coscienze.
Retaggio della sua calabra Terra è una ferrea volontà con obiettiva visione esistenziale, quale esperienza vissuta nei natii luoghi con la forza del cuore, innervata da mistica mente e dal fervore delle preghiere. Da piccolo frate percorre il suo cammino non alla ricerca dello sfarzo cortigiano ma lavorando sulle coscienze per rimuovere l'empietà con cui si prevarica l'altrui dignità.


La sua austerità è un esempio di mistica e ascetica visione di vita, tramandata a coloro che, affascinati di diventare umili servitori non di se stessi ma dell'umanità sofferente, si uniscono povera confraternita per fondare un Ordine, il cui imprimatur è sancito da sacri sigilli pontificali. Il suo gregge monastico spazia in sterminate terre, proprio dove vi è più bisogno di infondere la parola di Cristo per generare in ognuno il senso del Bene, fugando quello del male.
Solitudine e contemplazione sono simboli di una vita ascetica che i neofiti del Santo abbracciano senza ritorno di pensiero, per perseguire gli alti ideali del vivifico percorso, tracciato dal Frate di Paola. Austera e rigida regola rafferma la fraterna convivenza monastica, ai cui membri Francesco darà nome di Minimi, per identificarli come coloro che si prostrano per terra per giustificare il loro infimo grado nella scala della società.

 

 

“Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società”.
(Rita Levi Montalcini)

Oggi 8 Marzo ricorre la Giornata Internazionale Dei diritti della Donna meglio conosciuta come “Festa delle donne”. Tale accezione comune, in realtà, risulta essere impropria: questa giornata, infatti, è dedicata al ricordo e alla riflessione sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile e a tutto ciò che le donne hanno dovuto affrontare affinché la loro voce venisse ascoltata. L’8 Marzo era, quindi, una giornata di lotta, specialmente nell’ambito delle associazioni femministe: il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli.
Le sue origini sono molto controverse. Alcune fonti la fanno risalire a una tragedia accaduta nel 1908, che vede come protagoniste le operaie dell’industria tessile Cotton di New York rimaste uccise da un incendio. Si tratta, in realtà, di una leggenda, un adattamento ad un episodio realmente accaduto, ma con tempi e modalità differenti. Altre fonti citano la violenta repressione poliziesca di una presunta manifestazione sindacale di operaie tessili tenutasi a New York nel 1857. La sua nascita ebbe, in realtà, una genesi molto più “ordinaria” legata al clima politico di inizio ‘900, quando la popolazione femminile iniziò a manifestare per reclamare maggiori diritti, in primis il diritto al voto.
Negli Stati Uniti la prima Giornata della Donna si ebbe il 23 Febbraio 1909, in seguito alla Conferenza del Partito Socialista, ribattezzata “Woman’s day”, tenutasi a Chicago nell’anno precedente, nella quale venne trattato lo sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie, le discriminazioni sessuali, la rivendicazione del voto alle donne. Su tale scia negli anni successivi venne istituita a Copenaghen la Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, nella quale fu proposto di istituire a livello mondiale, una giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne. Per vari anni la Giornata della Donna fu celebrata in giorni diversi nei vari Paesi del mondo, mentre l’8 Marzo divenne la data più diffusa in seguito alla decisione presa nella Seconda Conferenza Internazionale, tenutasi a Mosca nel 1921, nella quale venne istituita La “Giornata Internazionale dell’Operaia”. Tale data fu adottata in merito a ciò che successe l’8 Marzo 1917 a San Pietroburgo, quando molte donne manifestarono al fine di ottenere “il pane e la pace”. In Italia la “Giornata Internazionale della donna” fu tenuta, per la prima, volta nel 1922, per iniziativa del Partito Comunista Italiano, che la celebrò il 12 Marzo, prima domenica successiva al fatidico 8 Marzo. Nel settembre del 1944, si creò a Roma l’Unione Donne Italiane (UDI). Fu proprio quest’ultimo a decidere di celebrare il successivo 8 Marzo del 1945, nelle zone dell’Italia liberate dal fascismo “La giornata della donna”. Solo nel 1946 fu introdotta la mimosa, quale simbolo di questa giornata. Furono tre ex combattenti, iscritte all’UDI, Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei a scegliere i fiori di mimosa come simbolo per “la Giornata Internazionale della donna di lotta e di festa”, questa la definizione originale. La mimosa fu scelta non per un significato simbolico particolare, ma perché è un fiore che sboccia presto, alla fine dell’inverno, proprio in questo momento dell’anno. Si disse: “Noi giovani donne (…) abbiamo pensato che le mimose in questo periodo sono abbondanti e disponibili a quasi costo zero…”. Simbolo di forza, femminilità, libertà e autonomia, con i suoi fiori giallo oro rappresenta la potenza e lo splendore, e, nonostante la sua fragilità apparente è capace di crescere anche su terreni più difficili: perfetto per rappresentare la figura della donna! In Italia si dovrà arrivare agli anni ’70 per vedere la nascita di un vero e proprio movimento femminista. Così, l’8 Marzo 1972 in Piazza Campo de’ Fiori a Roma si tenne la Giornata della Donna. Intorno alla piazza manifestarono poche decine di donne per la rivendicazione dei loro diritti: dal divorzio alla contraccezione fino alla liberazione omosessuale. L’ONU proclamò il 1975 “Anno Internazionale delle Donne”, e l’8 Marzo di quell’anno i movimenti femministi di tutto il mondo manifestarono per ricordare l’importanza dell’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne.

 

 

L’Ordinamento giuridico italiano prevede diverse disposizioni legislative al fine di garantire la tutela della Donna e della sua condizione sociale. Già i Padri Costituenti, nel 1948, consacrarono tra i Principi fondamentali della Carta Costituzionale “l’eguaglianza tra i sessi” (art. 3 Cost.). Il legislatore ordinario, in seguito alla Riforma del Diritto di famiglia nel 1975, abolì la figura del capofamiglia e dispose la parità dei diritti e doveri tra uomo e donna. Molte norme di diritto del lavoro novellarono quelle già in vigore al fine di evitare ogni forma di disparità di trattamento, anche se queste ultime, sostanzialmente, non sono proprio effettive. Basta pensare che l’ art. 37 della Costituzione sancisce che “ la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore” e nell’art. 51 si evince che ” tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza …” , e, ancora ,al giorno d’oggi permangono disuguaglianze in ambito lavorativo, politico, sociale ed economico che devono essere pienamente superate. A prescindere dall’aspetto legislativo, oggi si può veramente parlare di “parità di genere”? Nonostante si cerchi di sensibilizzare l’opinione pubblica su problemi di varia natura che riguardano il sesso femminile, quante donne, ancora oggi subiscono violenze fisiche e psichiche nei vari contesti: familiari, sociali, lavorativi? Quante donne vittime di femminicidio, numero esorbitante se si pensa al periodo del lockdown stabilito dal governo nello scorso anno per far fronte all’emergenza da covid-19. Quante donne vittime di stalking, di mobbing e oggi, anche, di violenza online. Quante donne che con capacità di resilienza continuano ancora a lottare per sfuggire al loro carnefice e quante di esse subiscono in silenzio. Uno sguardo va rivolto non solo alle donne della porta accanto, ma anche a quelle che vivono in Paesi con culture e tradizioni profondamente diverse da quelle occidentali. Esse sono vittime di torture che agli occhi di una società moderna appaiono inspiegabili. Basta ricordare quelle giovani donne sottoposte a pratiche come la mutilazione genitale, alle spose bambine, le quali vengono private dal loro diritto all’infanzia, tutte quelle donne che si attivano ogni giorno al fine di difendere i diritti umani e vengono recluse, sottoposte a ogni forma di abuso e alle più cruente torture, a tutte coloro private della loro libertà perché sottoposte ai loschi traffici internazionali.
L’8 Marzo, riconosciuto nel 1977 dall’Assemblea delle Nazioni Unite quale “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la Pace Internazionale”, diviene, così, un’occasione per festeggiare le battaglie vinte e ricordare quelle ancora da combattere.

 

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