Tutti i genitori, nonni, zii che hanno figli in età scolare, sono in fermento per la riapertura delle scuole dopo la chiusura per la pandemia e si augurano che la scuola sia come quella di prima e non quella dei computer.
Si auspica una scuola viva, con insegnanti ed alunni reali e non virtuali, in video lezione; con le classi composte da compagni, con la campanella, i libri, i bidelli, la mensa, i giochi, le manifestazioni.
La scuola reale è un modo vivo, pulsante pieno di esperienze, affetti, amicizie, che spesso durano tutta la vita. In più la scuola, nel suo compito principale: “Fa sapere agli alunni le vicende, la storia, le scoperte, le conquiste, i vissuti ad iniziare dai nostri antenati fino ad arrivare ai nostri giorni. Sapere, nel suo significato letterale dal latino vuol dire avere sapore, discernimento, imparare ad essere saggi, fare proprie le cose accadute dal passato fino ad oggi arricchendo così la mente, la nostra persona, l’intelligenza, la volontà, l’esperienza, indirizzandola alla verità, al bene essenziale affinché l’uomo conoscendo e possedendo il sapere possa prendere coscienza di se e migliorare la qualità del suo essere uomo”.
Dante Alighieri, nel ventiseiesimo canto dell’inferno afferma: “Fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”.
E finalmente a fine mese si riaprono le porte della fucina del sapere, del saper vivere, operare, capire, agire in tutti i campi e nelle varie occasioni che ci offre la vita.
Sono una insegnante in pensione, ho sempre amato, difeso, protetto e cercato di formare e informare, rispettandone la personalità dei miei alunni che chiamavo e ancora chiamo quando ci incontriamo, anche ora che sono uomini, miei figli scolastici, con tutta me stessa e ho sempre detto loro che “l’uomo si distingue nel mondo in cui vive per il comportamento e per il rispetto verso il prossimo, per la natura animale e vegetale e minerale e per il mondo intero. Sono in pensione da quasi dieci anni, ma ricordo tutto del mio maestro delle elementari: la sua presenza fisica, il suo modo di stare nell’aula, di parlare, spiegare, di informarci e incuriosirci sul sapere, di stuzzicare la nostra curiosità, di invogliarci a sapere di più e importantissimo su come comportarci bene: sempre e ovunque con tutti.
Nel corso della mia funzione di maestra ho cercato di seguire il suo esempio. Giorni fa è capitato il fattaccio del bravo Willy Monteiro.
Vorrei poter essere presente in tutte le scuole per dire ai ragazzi che lo sport è bello, che il corpo va curato, educato, esercitato nelle palestre però non bisogna mai esercitarlo per le violenze e per il piacere di fare del male agli altri, per dimostrare la propria forza e supremazia fisica alle altre persone, ferendole, umiliandole o addirittura uccidendole, e diventare così super assassini.
La scuola riapre finalmente!
Auguri agli attori principali, cioè agli alunni, agli insegnanti, ai direttori e a tutto il personale.
Concludo citando una frase del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “La scuola è vero luogo dove imparare che la vera forza non è la violenza”.
G. C. insegnante in pensione

“Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!”
In tutta Italia sono intitolate a lui vie, piazze, caserme. Nello spirito dell'Arma, seguendo i valori propri dei Carabinieri, Salvo D'Acquisto non ha esitato a sacrificare la sua vita per salvare gli altri.
Vicebrigadiere dei Carabinieri era nato a Napoli il 17 ottobre 1920, in un popolare quartiere del Vomero da una famiglia profondamente cattolica. Salvo D’Acquisto venne destinato alla stazione di Torrimpietra, borgata a 30 km da Roma.
Il 23 settembre 1943 venne fucilato dai tedeschi in località Torre di Palidoro. Fu uno degli episodi più eroici che si ricordino nella storia dell’Arma. 


Dopo l’8 settembre 1943, a seguito dei combattimenti alle porte della Capitale, un reparto di SS tedesco si era acquartierato nel territorio della Stazione di Torrimpietra, presso una caserma abbandonata della Guardia di Finanza, nella “Torre di Palidoro” borgata limitrofa a Torrimpietra. La sera del 22 settembre alcuni soldati tedeschi, rovistando in una cassa abbandonata, provocarono lo scoppio di una bomba a mano: uno dei militari rimase ucciso ed altri due furono gravemente feriti. L’episodio fu interpretato dai tedeschi come un attentato.
Il mattino successivo, il comandante del reparto si diresse alla Stazione di Torrimpietra per ricercarvi il comandante. Vi trovò, in assenza del maresciallo titolare della stazione, il vice brigadiere D’Acquisto, al quale chiese perentoriamente di individuare i responsabili dell’accaduto. Il giovane sottufficiale cercò inutilmente di convincerlo della casualità del tragico episodio, ma l’ufficiale tedesco decise la rappresaglia. Poco dopo, Torrimpietra fu tutta accerchiata e 22 innocenti cittadini furono rastrellati, caricati su di un autocarro e trasportati ai piedi della Torre di Palidoro. 


Gli ostaggi vennero obbligati a scavare una fossa comune, chi con le pale chi con le mani. A questo punto, Salvo D’Acquisto si autoaccusò quale unico responsabile dell’attentato e chiese la liberazione degli ostaggi. Questi furono rilasciati poco prima della fucilazione del giovane carabiniere da parte dei nazisti.
Nel rapporto del 25 gennaio 1945 n. 20/7-11 di protocollo riservato, inviato dal comandante della Legione di Roma al Comando Generale dell’Arma, si legge che la sera dell’esecuzione alcuni militari tedeschi, parlando con una giovane del luogo, affermarono che il sottufficiale era “morto da eroe, impassibile di fronte alla morte”.
Testimoni oculari dissero che “quantunque malmenato e a volta anche bastonato dai suoi guardiani, il D’Acquisto serbò un contegno calmo e dignitoso”. 


Un eroe qualunque. Un uomo che si è spinto fino all’estremo sacrificio per salvare altri uomini innocenti. Lo sentiamo ancora vicino, con il suo altruismo e il suo amor patrio anche a distanza di 76 anni.
Alla Memoria del vice brigadiere Salvo D’Acquisto il Luogotenente Generale del Regno, con Decreto “Motu Proprio” del 25 febbraio 1945, conferì la Medaglia d’Oro al Valor Militare”
Anna Maria Stefanini, insegnante

 

Oggi, 22 settembre, inizia l'autunno.

L' Equinozio d’Autunno ha una caratteristica particolare: è uno dei due giorni all’anno ( l’altro è l’Equinozio di Primavera ) in cui il giorno ha la stessa durata della notte.

Solo in quel momento la linea d'ombra che divide la zona della Terra illuminata dal Sole da quella in cui è notte taglierà contemporaneamente Polo Nord e Polo Sud.

Visto che le altre stagioni iniziano generalmente il 21 (marzo, giugno e dicembre) , alcuni credono che anche l'autunno inizi il 21, ma non è così.
L'equinozio d'autunno , il momento in cui, per il movimento di rivoluzione terrestre, il giorno è esattamente uguale alla notte, non cade infatti il 21 settembre. È da mille anni che questo evento astronomico non si verifica il 21: lo farà di nuovo solo nel 2092 e nel 2096.

Il momento in cui il giorno è esattamente uguale alla notte, arriva oggi, 22 settembre, precisamente alle 15:30.

Già, perché a differenza delle altre date che segnano il cambio delle stagioni (21 marzo, 21 giugno e 21 dicembre), la data convenzionale di inizio dell'autunno è fissata il 22 settembre e quest'anno viene rispettata, diversamente da quanto accaduto negli ultimi due anni, quando la stagione è entrata il 23 settembre.

La variazione della data dell'equinozio è legata al sistema di calendario gregoriano, introdotto da Gregorio XIII nel 1582 come correzione del calendario giuliano. Stabilito dal concilio di Nicea, la data fondamentale (sulla base della quale si calcola la Pasqua) è quella dell'equinozio di primavera, stabilita nel 21 marzo (ma può variare e più spesso cade il 20). In base a quella si calcolano gli altri.

Ma tale sistema non è perfetto: il nostro calendario divide un anno in 365 giorni, cioè circa un quarto di giro in meno di quanti la Terra ne compia su se stessa durante una rivoluzione completa attorno al Sole. La rivoluzione però dura 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 49 secondi.

La soluzione sono gli anni bisestili. Tutti sanno che ogni 4 anni, aggiungiamo un giorno, il 29 febbraio. Ma quel giorno non basta per riallinearsi.

Il nome deriva dal latino autumnus, o auctumnus, formato da auctus (participio di augere: 'aumentare, arricchire') e desinenza -mnos (dal greco μένος: desinenza propria dei participi medi e passivi), a significare la stagione ricca di frutta che segue l'estate e aumenta la ricchezza dei contadini.

Anna Maria Stefanini, insegnante 

 

 

L' autunno nei versi di VINCENZO CARDARELLI

Come varia il colore
delle stagioni,
così gli umori e i pensieri degli uomini.

Tutto nel mondo è mutevole tempo.

Ed ecco, è già pallido,
sepolcrale autunno,
quando pur ieri imperava
la rigogliosa quasi eterna estate. 

 

La festa della Santissima Trinità, celebrata nella domenica dopo Pentecoste, glorifica la realtà trinitaria di Dio: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Ognuno di noi sa quanta importanza abbia la Trinità per la nostra fede. Eppure questa ricorrenza è relativamente moderna. Cominciò a diffondersi in Europa a partire dal X secolo: non aveva un carattere così solenne, essendo tutta la celebrazione liturgica un inno alla Trinità.
All'inizio, dunque, è stato un "fatto privato" di singoli religiosi o ordini monastici, specialmente in Francia e in Germania. Nel 1331 papa Giovanni XXII lo estese a tutta la Chiesa, prescrivendola come universale, cioè che deve essere celebrata da tutti. Più che una festa va considerata una riflessione sul mistero della salvezza, realizzata dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo.
La "definizione" della Trinità è oggetto di dogma (in sintesi: La Trinità è una: le persone sono distinte ma relative fra loro) e già questo spiega la sua importanza. Alcuni papi e teologi ritenevano superfluo dedicarle una festa, perché liturgia, sacramenti, culto dei santi e catechesi hanno già come scopo l'adorazione a Dio uno e trino, e sono già sotto la benedizione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, a partire dai gesti più semplici come il segno della Croce.
Come viene raffigurata la Santissima Trinità? La tradizione rappresenta la figura del Padre come un anziano, Gesù Cristo un giovane con la Croce e lo Spirito Santo sotto forma di colomba.
Il mistero della Trinità si può definire in questo modo: Dio è una sola natura in tre persone uguali e distinte, come recitiamo nel "Credo". Se Dio è assoluto,non possono esistere più assoluti. Quale è il Padre, tali sono il Figlio e lo Spirito Santo. Tutte e tre le persone sono onnipotenti e "increate", cioè esistenti dall'eternità.
In quanto mistero, quello trinitario rientra negli atti di fede richiesti al cristiano. Ma un mistero non è "contro la ragione": è solo che la ragione non basta a comprenderlo. "La Santissima Trinità non è il prodotto di ragionamenti umani; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall'alto di una cattedra, ma camminando con l'umanità, nella storia del popolo d'Israele e soprattutto in Gesù di Nazaret. E' proprio Gesù che ci ha salvato. Gesù è il Figlio che ci ha fatto conoscere il Padre misericordioso e ha portato sulla terra il suo fuoco, lo Spirito Santo, che dentro noi ci guida, ci dà delle buone idee, delle ispirazioni" (Dall' "Angelu"s di papa Francesco del 26 maggio 2013).
Giuseppe Pizzuti, docente

SCIGLIANO – Una partecipazione numerosa è stata registrata nella prima escursione didattica del corso per accompagnatori di escursionismo Calabria in ambito Fie (Federazione Italiana Escursionismo) organizzata da Aps trekking Albicello Calabria, di concerto con la delegazione territoriale Fie Calabria, Fie Italia, e il comune di Scigliano. Durante l’evento “Sulle tracce della via Popilia” si è svolto il corso, primo in Calabria, che ha formato oltre trenta partecipanti, molti dei quali già esperti conoscitori dell’ambiente montano e punti di riferimento per le attività escursionistiche delle associazioni di appartenenza. Per l’occasione erano presenti, Mimmo Pandolfo, presidente di Fie Italia che ha diretto le operazioni escursionistiche, il sindaco di Scigliano Raffaele Pane, la consigliera federale Elvira Romeo nonché tutor del corso insieme ad Angela Valenzise, il delegato territoriale calabrese Paolo Latella e componenti delle dieci associazioni regionali affiliate.
Dopo il sentiero naturalistico che conduce al torrente Bisirico, è stato attraversato il borgo di Scigliano, per poi arrivare all’antichissimo ponte sul Savuto al confine tra i comuni di Altilia e Scigliano dove gli escursionisti hanno potuto degustare il cotto di capra piatto tipico sciglianese insieme alle prelibatezze di casarecce di Calabria, e le delizie del panificio Cuti il tutto con vino doc prodotto dalle cantine antiche vigne Pironti, e Colacino wines, questi ultimi tutti partners che non si mai tirano indietro quando si tratta di promozione territoriale.
Durante la presentazione gli escursionisti, sono stati salutati da Fiorangela d’Ippolito, neodirigente dell’istituto comprensivo di Scigliano, e durante la passeggiata sono stati allietati dalla musica di Paola e Federica che per l’occasione hanno presentato il progetto musicale Out concert. Il presidente di Fie Italia, Domenico Pandolfo, ha così commentato: «una giornata da incorniciare per il clima di amicizia, per l’efficienza dell’associazione Trekking Albicello Calabria, del suo infaticabile presidente, e di tutto lo staff, e la grande ospitalità della comunità di Scigliano manifestata dal sindaco Raffaele Pane».
Il presidente dell’Aps Trekking Albicello Calabria si è detto lusingato per la presenza di Pandolfo e ancor di più dopo aver ascoltato le sue parole al termine della bella e interessante giornata escursionistica trascorsa: «Il commento del presidente Fie Italia ci gratifica e nel contempo ci sprona per continuare sulla strada intrapresa».
Piero Carbone, giornalista pubblicista

La diffusione del Coronavirus (o, se volete, del covid-19) sta cambiando le nostre abitudini di vita.
Sono varie le figure, a cui la gente si riferisce in questo periodo di preoccupazione per il contagio.
La preghiera è rivolta sempre a Dio Padre, ma si sa che l'intercessione per ottenere grazie, miracoli e protezione può essere richiesta alla Madonna e ai Santi.
Ma quali Santi in particolare? A Palermo, nel 1624, S. Rosalia apparve in sogno a un cacciatore e a una malata, indicando la via per ritrovare le sue reliquie da portare in processione e liberare la città dalla peste.
A Milano, fu portato in processione il corpo di S. Carlo Borromeo, per combattere la peste del 1630, descritta da Alessandro Manzoni nei "Promessi Sposi".
Non sono pochi i Santi invocati contro le epidemie e le malattie contagiose, ma tre spiccano su tutti. Ecco le loro storie.
San Rocco, Patrono anche di Aprigliano, francese della città di Montpellier, lasciò le sue ricchezze e divenne pellegrino sulle orme di S.Francesco per dedicarsi ai poveri. Taumaturgo e guaritore vissuto nel Trecento, fu contagiato dalla peste in un ospedale a Piacenza. Cacciato dagli altri malati per i suoi continui lamenti, dovuti a un dolorosissimo bubbone all'inguine, si ritirò in una capanna, dove un cane portandogli ogni giorno un pezzo pi pane, gli permise di sopravvivere. Guarito, tornò in Francia e si dedicò nuovamente ai malati. E' il Santo più invocato fin dal Medioevo contro tutte le malattie contagiose non solo in Europa,ma anche in Asia.
San Sebastiano, Patrono di Cellara, anch'egli francese, del paese di Narbonne, venuto a Milano, era una guardia pretoriana e svolgeva attività caritativa versoi bisognosi. Fu condannato a morte mediante il supplizio delle frecce, ma sopravvisse miracolosamente ai colpi infertigli. L'imperatore lo fece uccidere a bastonate. Le ferite causate dalle frecce sono paragonate ai segni della peste: per questo ci si rivolge a lui sperando di salvarsi dalla malattia. Inoltre l'ira divina è paragonata alle frecce scagliate da un arco e, nel Medioevo, il diffondersi della peste fu visto come lo scatenarsi dell'ira di Dio.
San Cristoforo, infine, gigante palestinese, aiutava i pellegrini ad attraversare un fiume pericoloso e un giorno trasportò un bambino che diventava sempre più pesante: giunto faticosamente all'altra riva, riconobbe nel passeggero Gesù. Anche Cristoforo, convertito al Cristianesimo, fu condannato al martirio delle frecce, ma queste non lo raggiungevano e anzi colpivano i persecutori. Cristoforo è protettore dei viaggiatori ed è uno dei 14 Santi chiamati ausiliatori, invocati in occasione di gravi calamità o pericoli e la sua protezione era ricercata in particolare in tempo di peste.
Naturalmente anche Maria è una grande figura di protezione. La Madre della Misericordia, con il suo ampio mantello, difende dai pericoli di guerra, carestia e peste. Ad esempio, la B. Vergine della Consolazione, Patrona di Reggio Calabria, si è manifestata durante molte epidemie che hanno afflitto la nostra regione.
Giuseppe Pizzuti, docente

A Mangone, nella seconda settimana di settembre, si celebra la festa della Madonna dell'Arco, Patrona del paese.
Tutta la settimana è allietata da serate musicali e giochi popolari.
Il giorno della festa, dopo la Santa Messa, processione con banda, musica dal vivo e fuochi d'artificio.
Quest'anno, però, i festeggiamenti si svolgeranno nel rispetto delle misure imposte dalle regole per l'emergenza sanitaria Covid-19.
La Chiesa della Madonna dell'Arco, tanto cara ai Mangonesi, è stata restituita ai fedeli e al popolo qualche giorno fa, il 4 settembre, dopo essere stata in gran parte restaurata e riportata al suo antico splendore. 

La devozione dei Mangonesi alla Madonna dell'Arco, risale a più di cinquecento anni fa. Ciò è testimoniato dall'iscrizione, in lingua latina, che si legge sul portale del Santuario: "Fanum hoc quod 1620 anno sacelli nomen meruit et anno 1670 meliorem recepit frugem hoc quod infrascripto anno fuit per admodum Rdm d. Franciscum Laureati absolutum 1792". Traduzione: "Sappiamo che nell'anno 1620 questo Santuario fu eretto per ricordare questoluogo sacro e nell'anno 1670 venne arricchito. Nell'anno sotto scritto 1792 fu definitivamente completato dal Rev. Francesco Laureati". 

Si racconta che il culto della Vergine fu importato a Mangone da una famiglia proveniente dalla Campania e l'origine del nome è legato a un episodio avvenuto proprio in questa regione. A Sant'Anastasia, comune della città metropolitana di Napoli,il lunedì di Pasqua del 1450, due giovani stavano facendo una gara di bocce e, vicino al campetto, sorgeva un'edicola votiva, sulla quale era dipinta, sotto l'arco di un antico acquedotto romano (da qui il nome di Madonna dell'Arco), un'immagine della Madonna con il Bambin Gesù. Il giocatore che perse la gara, adirato, prese la palla e, bestemmiando, la scagliò violentemente contro l'immagine sacra, colpendola sulla guancia sinistra: come se fosse di carne, l'immagine cominciò a sanguinare prodigiosamente, facendo così gridare al miracolo la gente accorsa. 

Riguardo al Santuario di Mangone, c'è anche una leggenda popolare. Nel luogo dove sorge, si sarebbe visto un luccichio intenso e abbagliante, forse una fiamma o forse altro; proprio lì, comunque, sarebbe apparsa la Madonna col Bambino. 

Dopo il forte terremoto che colpì Mangone, il 4 ottobre 1870, i sopravvissuti in segno di gratitudine, si recarono con le "jacchère", fiaccole accese,nel luogo dove sorgeva la Chiesa dedicata alla Madonna dell'Arco. Qui ritrovarono il quadro della Vergine e lo portarono nella Chiesa di San Giovanni Evangelista, situata nel punto più alto, da dove avrebbe potuto proteggere l'intero paese. A ricordo di questo triste evento, ancora oggi, dopo oltre cento anni, si porta in processione la Madonna con una suggestiva fiaccolata.
Giuseppe Pizzuti, docente 

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